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Si torna a parlare di Provincia unica di Romagna, il Pri: "Non serve a niente"

"Dobbiamo partire quindi da un dato inequivocabile, la riduzione del numero dei Comuni. I piccoli comuni non servono più a niente perché non hanno né le risorse né le capacità organizzative per affrontare i problemi complessi"

“Dobbiamo una risposta al sindaco di Cesena; la provincia rifondata a livello sub regionale non serve a niente. Si devono stabilire, al contrario, in modo preciso, i compiti dell’ente comune e della città metropolitana, altrimenti avremmo un aumento della  burocrazia e nessun beneficio”: è la presa di posizione del Partito Repubblicano dopo che il sindaco di Cesena Paolo Lucchi ha ributtato nella mischia politica il progetto di provincia unica. Le Province, con l'ultimo referendum, sono sopravvissute, rimaste in piedi più snelle dopo la riforma del ministro Delrio, ma non avendo di fatto più risorse per i loro servizi si pone il problema della loro gestione.

Scrive la Direzione del Pri Cesena: “Noi repubblicani potremmo ricordare che fin dal 1970, all’atto dalla nascita delle regioni, proponemmo, inascoltati,  di abolire le Provincie. Ma non è il caso oggi di rispolverare le glorie del passato, oggi si pone urgentemente il problema di ripensare alla riorganizzazione dello stato periferico. Se si affronta in modo razionale il problema, avremmo sicuramente conseguenze importanti: riduzione della spesa pubblica e magari maggiore produttività della stessa ed eliminazione delle differenze territoriali a livello di servizi”.

Resta il problema della differenza con la città metropolitana di Bologna: “Oggi la regione Emilia Romagna ha alcuni territori gestiti dalle città metropolitane, altri abbandonati a se stessi. La legge Del Rio si è dimostrata un fallimento, non ha inciso su alcun punto nodale del problema. Dobbiamo partire quindi da un dato inequivocabile, la riduzione del numero dei Comuni. I piccoli comuni non servono più a niente perché non hanno né le risorse né le capacità organizzative per affrontare i problemi  complessi dei loro cittadini. Se questo processo venisse lasciato  alla libera scelta delle comunità locali, prevarrà ancora la logica dei campanili e chi ne farà le spese saranno ancora i cittadini residenti in quei comuni”.

“Anche perché, pensare che un comune di due o tremila abitanti abbia la capacità economica di realizzare opere di costo superiore alle loro scarse dotazioni è solo utopia - concludono dal Pri -. E’ chiaro però che a questo deve pensare la Regione con indirizzi chiari e inequivocabili. Dopo di che potremmo realizzare una città metropolitana romagnola visto che altri hanno pensato a questo tipo di riorganizzazione”.

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