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Migranti, Popolari per Cesena: "Chi non è iscritto all'anagrafe rischia di essere un 'fantasma'"

"Riteniamo che quella del nostro Comune sia una giusta attenzione verso persone in stato di acuto bisogno e si muova in un’ottica di inserimento, oltre che di accoglienza"

"Difendiamo la decisione della Giunta del Comune di Cesena di autorizzare l’iscrizione all’anagrafe degli stranieri richiedenti asilo o protezione sussidiaria, decisione che ha disatteso l’iniquo decreto Salvini ed ha recepito l’orientamento del Tribunale di Bologna". Lo dichiarano in una nota i Popolari per Cesena.

"Riteniamo che quella del nostro Comune sia una giusta attenzione verso persone in stato di acuto bisogno e si muova in un’ottica di inserimento, oltre che di accoglienza. Ricordiamo che l’assegnazione della residenza costituisce una forma di appartenenza al territorio, conferisce al cittadino un riconoscimento formale e consente l’esercizio effettivo di diritti fondamentali (quali, ad esempio, l’assistenza sanitaria, la possibilità di votare e di accedere ai servizi comunali, con particolare riguardo a situazioni di disagio economico, sociale e psicologico).  Invece, chi non è iscritto all’anagrafe rischia di non avere nome, di non esistere, di essere un “fantasma”. E’ chiaro che l’assegnazione della residenza ai migranti non risolve tutti i problemi, ma è un provvedimento che riconosce dignità alle persone. Occorre andare oltre ed impegnarsi per l’inserimento e l’integrazione di queste persone affinchè possano svolgere lavori che gli italiani non fanno più in un contesto di legalità e di educazione ai valori". 

"Ad esempio gli immigrati - proseguono i Popolari per Cesena - dovrebbero essere indirizzati e guidati a svolgere lavori socialmente utili: avere la residenza significa anche poter lavorare “in regola”, poter essere assunti anche per lavori stagionali regolari (infatti la residenza permette l’apertura di un conto bancario sul quale può essere accreditato lo stipendio); diversamente è sempre illegalità.  Gli immigrati potrebbero svolgere lavori tradizionali ed artigianali, anche in agricoltura, eventualmente modificando la legislazione vigente per consentire – in via transitoria - una retribuzione anche diversa da quella ordinaria  (sconfiggendo il lavoro nero e superando situazioni poco trasparenti). Tutto ciò anche per evitare l’accattonaggio". 

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