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Banche, Bulbi rompe l'innaturale silenzio: "Sulla CRC un disegno letale"

Sul caso banche praticamente nessuna forza politica e istituzione sta spendendo una parola. Un silenzio innaturale, un immobilismo di quelli che, in natura, precede l'arrivo di una tempesta

Politica troppo silenziosa sui guai seri che sta attraversando il sistema bancario locale. Su questo tema - che rischia di diventare, in negativo, quello decisivo per lo sviluppo di Cesena nei prossimi anni - con decine di milioni e milioni di euro di migliaia piccoli risparmiatori locali che sono ormai sulla strada di andare in fumo,  praticamente nessuna forza politica e istituzione sta spendendo una parola. Un silenzio innaturale, un immobilismo di quelli che, in natura, precede l'arrivo di una tempesta.

Totalmente assenti, nel dibattito, i sindacati (che pure intervengono su questioni di importanza molto minore), zero interventi del mondo dell'economia e della sua rappresentanza, pure questa solitamente molto attiva. Col contagocce, invece, le istituzioni come il Comune, mentre grandi assenti sono i partiti politici (con l'eccezione del M5S e dell'attivista Davide Fabbri) che sulla grana “banche” paiono non avere neanche un'opinione. A rompere questo silenzio innaturale su un tema così spinoso è l'ex presidente della Provincia e attuale sindaco di Roncofreddo Massimo Bulbi, che lancia parole  come pietre e lamenta che il prezzo da pagare sulla Cassa di Risparmio è troppo alto.
 
E lo fa in modo sarcastico: “Siccome in questi giorni i parlamentari locali oltre a preoccuparsi del referendum si dicono fortemente preoccupati anche per gli effetti della Brexit - giustamente, peraltro, preoccupati lo siamo tutti - vorrei che si preoccupassero di più pure  di una serie di fattori che stanno contribuendo a bloccare lo sviluppo dell'economia del territorio. Già me ne occupai in una lettera aperta un paio di mesi fa a loro inviata”. Bulbi va dritto al punto: le banche vanno sostenute. Spiega: “Spicca, purtroppo, la non capacità della politica di tutelare gli istituti di credito locale che sempre, e anche in questi anni di crisi, hanno sostenuto il nostro tessuto produttivo fatto di piccole e medie imprese artigiane, commerciali, turistiche e agricole. Se le imprese non fossero state sostenute avremmo pagato un costo sociale ancor più grave. Oltre al silenzio della politica, aggiungerei anche l'inazione”.

Ricorda l'ex presidente della Provincia: “Ma per le banche del territorio tira un brutto vento. Il recente decreto sulle Bcc non aiuta certamente le banche di credito cooperativo a essere pienamente operative sul territorio e a sostenere il tessuto sociale con i finanziamenti fin qui erogati. La vicenda della Cassa di Risparmio di Cesena è un altro esempio di latitanza della politica”.

Quindi l'attacco: “Altri istituti bancari non distanti da qui e in condizioni non certamente migliori della Cassa di Risparmio di Cesena hanno potuto beneficiare di via d'uscite diverse e non a costi così alti. Sulla Cassa di Risparmio di Cesena la Banca d'Italia è intervenuta con un disegno tutto suo, letale per le banche del territorio e per l'economia. Prefigurare che nel nostro paese debba esistere solo una manciata di grandi istituti di credito è uno scenario che può solo far paura. E giustificare questi interventi come una difesa dei risparmiatori lascia come minimo perplessi, se si pensa a quello che è successo ai 13 mila azionisti della Cassa di Risparmio di Cesena. Mi chiedo: perché in Italia, come è avvenuto in Germania, le banche locali non sono stati tenute fuori dalla maglie troppo rigide dei parametri di Basilea? Perché la politica non è intervenuta? L'azione nei confronti della Cassa di Risparmio di Cesena è a dir poco vergognosa: invece di cercare altre soluzioni, che erano possibili, si è agito a scapito degli azionisti e del territorio, prendendo la più più comoda e consona agli obiettivi della Banca d'Italia”.

“Ciò che amareggia in questa vicenda così dolorosa è anche il fatto che il presidente della Cassa di Risparmio di Cesena dottoressa Tomasetti non ha saputo o voluto interloquire con il territorio e non ha voluto cercare una mediazione a garanzia degli interessi del territorio stesso. Auspicavo che questo presidente scelto dai vertici della banca locale  fosse interessata a salvaguardare  banca e il territorio e non semplicemente a prendere ordini dalla Banca d'Italia, anche perché sono certo che si sarà informata del fatto che territorio cesenate e provinciale è sempre stato ai primi posti per qualità della vita e coesione sociale anche grazie all'apporto degli istituti di credito locale. Ecco allora che chiedo una risposta dovuta alla presidente: quella in cui si è agito era veramente l'unica strada?”

“A me sembra che tutto quello che è stato fatto nelle ultime settimane dimostri solo la volontà di eseguire gli input ricevuti dalla Banca d'Italia. Ed è qui doveva intervenire la politica a tutela di una banca del territorio che non è fallita: la prova che non fosse in dissesto viene anche dal fatto che il fondo interbancario ha dovuto modificare il suo statuto per poter condurre l'operazione. La Banca d'Italia non è il quinto evangelista. Fino a qualche mese fa invitava gli istituti di credito anche  del nostro territorio a considerare l'ipotesi di prendere come partnership la Popolare di Vicenza e Veneto Banca mentre nel frattempo altre quattro banche fallivano. Altre strade si dovevano seguire per mantenere la Cassa di Risparmio una banca del territorio ed evitare che in futuro venga ceduta a qualche altra banca a condizioni molto vantaggiose per gli acquirenti e a scapito del azionisti e del sistema territoriale”.
 

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