Domenica si torna indietro nel tempo: a Cesenatico la rievocazione della Pesca alla Tratta
In molti ancora se la ricordano: era “la tratta”, la pesca più semplice e più povera, che si svolgeva direttamente dalla spiaggia con l’aiuto di una piccola barchetta, e che coinvolgeva spesso anche i presenti che venivano chiamati ad aiutare a tirare la rete che portava in spiaggia i pesci tipici dei bassi fondali, come “zanchetti”, cefali, acquadelle, insieme a moltissimi granchi. All’inizio degli anni’70 la “tratta” fu proibita a seguito dell’entrata in vigore di nuove normative sulla pesca, ma restò vivo il ricordo e la nostalgia di questa pesca antica di secoli (è raffigurata anche in stampe e dipinti d’epoca) che aveva un vero e proprio rituale: ad esempio nelle movenze dei “trattaroli” che assomigliavano ad una vera e propria danza silenziosa.
La “tratta” è dunque una parte importante del “patrimonio immateriale” delle nostre tradizioni marinare, che proprio per questo il Museo della Marineria di Cesenatico, in collaborazione con Gesturist Cesenatico Spa, ha deciso di riportare in vita accogliendo la proposta del gruppo delle barche tradizionali private che hanno ormeggio nel tratto loro riservato del Porto Canale, e che sono ormai un prolungamento ideale del museo. Grazie a queste persone, tra le quali vi sono anche pescatori in pensione che hanno praticato la vera tratta nei loro anni più verdi, è stato possibile rimettere in funzione una rete adatta a questa rievocazione insieme ad una piccola “battana”, la barca con la quale la rete veniva portata al largo prima di essere recuperata dalla spiaggia.
Durante lo svolgimento della pesca, che sarà visibile dalla Piazza Spose dei Marinai e commentata in diretta grazie ad alcuni ospiti, si potrà anche assistere e partecipare alla rievocazione dei giochi di strada praticati un tempo dai bambini e dalle donne di mare, come i “zun” (una sorta di birilli), la pista con le palline, la campana e le trottole, etc., grazie alla collaborazione di Elisa Mazzoli che a questo tema ha dedicato alcuni anni fa la mostra “Zughè, lavurè”, e all’associazione Cartabianca. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla preziosa collaborazione della Guardia Costiera di Cesenatico, che ha aiutato ad ottenere l’autorizzazione straordinaria del Ministero delle Politiche Agricole e dell’Ufficio Demanio della Regione per questo tipo di pesca. Anche questa iniziativa, come tutte quelle del Museo della Marineria, si svolge con il supporto di Gesturist Cesenatico Spa.
LA STORIA - La pesca alla tratta era un tipo di pesca costiera "povera", che poteva essere praticato senza particolari attrezzature anche da parte di pescatori non professionisti, e senza dovere uscire in mare aperto. In pratica la tratta è una rete da circuizione, con varianti locali: alla base, che doveva strisciare sul fondo, erano applicati dei piombi, mentre l'altro lato che doveva essere teso verso la superficie, era dotato di galleggianti (sugheri). La rete era lunga sino a quattrocento metri, alta circa un metro, e terminava ai capi con due cime che servivano a tirarla. Un capo restava fissato sulla battigia, mentre l'altro capo, con l'ausilio di una piccola barca (una battana e - negli ultimi tempi - un moscone), veniva portato in acqua facendogli descrivere un ampio semicerchio, sino a riportarlo a terra. A questo punto, due gruppi di persone iniziavano a recuperare i due capi della cima, tirando a terra la rete che strisciando nel fondale intrappolava il pesce rimasto dentro, costituito da acquadelle, soglioline, e altre qualità minute.
L'operazione aveva i suoi rituali, come il modo di ritmare lo sforzo appoggiandosi alla rete con i fianchi (spesso aiutati da una fascia di tela), in modo simile ad una danza; il pesce veniva poi raccolto e diviso nelle "coffe" (ceste rotonde di vimini) per qualità e dimensioni, e lavato subito in acqua con un caratteristico movimento di immersione e di rotazione circolare. Per le sue caratteristiche, la tratta - che richiede in ogni caso fondali sabbiosi poco profondi - era eseguita spesso anche da contadini che scendevano al mare e recuperavano in questo modo qualcosa da aggiungere alla loro alimentazione abituale; inoltre, fu molto praticata nell'immediato dopoguerra, quando a causa delle barche ancora distrutte e del pericolo delle mine la pesca d'altura stentava a riprendersi. Fu praticata anche in forma organizzata da alcune famiglie, e poi anche come pesca da diporto, fino a quando non fu vietata all'inizio degli anni Settanta. Nell'ultimo periodo la pesca alla tratta era diventata che uno spettacolo per i bagnanti che assistevano, a volte partecipando attivamente al "traino" della rete.