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Trevi in terra dell'Isis protetta dall'esercito, vola in borsa il titolo del colosso cesenate

L’inaspettata notorietà sui grandi media di massa - su quelli locali  così come sulla stampa specializzata economica è ben noto il ruolo del Gruppo Trevi come azienda italiana di rilievo mondiale – fa volare in borsa il titolo del colosso cesenate delle grandi opere

L’inaspettata notorietà sui grandi media di massa - su quelli locali  così come sulla stampa specializzata economica è ben noto il ruolo del Gruppo Trevi come azienda italiana di rilievo mondiale – fa volare in borsa il titolo del colosso cesenate delle grandi opere. L’aumento delle quotazioni è stato del 25%, dopo che il premier Matteo Renzi ha reso noto che l’Italia assegnerà 450 militari alla protezione del cantiere che Trevi avvierà presto a Mosul, se verrà chiuso un accordo non ancora definitivo ma in dirittura d’arrivo.

La diga di Mosul in Iraq –spiegano da trevi - e' edificata su rocce al cui interno ci sono banchi gessosi che a contatto con l'acqua subiscono processi di dissoluzione, provocando infiltrazioni che ne minano le fondamenta. Trevi, il gruppo cesenate, dovrebbe consolidarla con un intervento di emergenza, con iniezioni di cemento. Questo in estrema sintesi la natura della commessa da circa 2 miliardi di dollari (non ufficializzato il costo) spiegato da Carlo Crippa, area manager per l'Iraq. Dal gruppo cesenate rilevano che il contratto non è ancora firmato e quindi il condizionale è d'obbligo. Trevi resta pero' l'unica impresa qualificata in corsa per l'aggiudicazione dei lavori.

Quale tipo di personale sarà impiegato nell’area di crisi “governato” dall’Isis? "Stiamo pianificando sulla base delle richieste del Ministero iracheno, magari un numero adesso potrebbe non essere piu' valido domani. Sulla base delle loro richieste definiremo un programma lavoro".

Trevi, spiega Crippa, non ha studi propri su quello che potrebbe succedere se la diga non venisse consolidata, ma cita la bibliografia esistente: "la citta' di Mosul sta a 35 km a valle, qualora ci fosse un evento catastrofico ne soffrirebbe in maniera notevole. E ci sono studi del Governo americano secondo cui quantitativi di acqua arriverebbero persino a Bagdad".

Tuttavia anche gli iracheni sembrano attendere l'intervento italiano sulla diga. La provincia settentrionale irachena di Ninive e' "pronta a dare il benvenuto ai militari italiani" dislocati a protezione dei lavoratori per ricostruire la diga di Mosul "se arrivera' il via libera da parte del governo di Baghdad". Lo ha detto oggi ad "Agenzia Nova" Naufal Hammadi Sultan Al Akub, nuovo governatore di Ninive. L'analista politico ed esperto militare iracheno Khaled Serail ha spiegato oggi ad "Agenzia Nova" che la diga di Mosul rappresenta "la bomba a orologeria piu' pericolosa dell'Iraq", perche' un suo eventuale crollo potrebbe creare "un disastro di enormi proporzioni in termini di danni materiali e perdita di vite umane".

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