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Economia

"Comune che vai, burocrazia che trovi": aprire un'attività diventa un'impresa

Lo studio di Cna analizza anche alcune aspetti dell’apertura d’impresa che, con differenze a seconda delle casistiche, sono trasversali per tutti gli aspiranti imprenditori

65 Adempimenti, 26 enti coinvolti, 39 file (reali o virtuali) da sciropparsi. Una spesa di quasi 18mila euro. E tutto ciò solo per aprire un salone di acconciatura. È quanto emerge dall’Osservatorio nazionale “Comune che vai, burocrazia che trovi”, una indagine alla sua prima edizione condotta sul campo, in collaborazione con 52 Cna territoriali, tra cui quella di Forlì-Cesena. "Aprire una nuova impresa è una sfida sempre più impegnativa - spiega Lorenzo Zanotti, presidente di Cna Forlì-Cesena -. Nelle nostre 23 sedi in un anno transitano circa 700 aspiranti imprenditrici e imprenditori, per chiedere informazioni e supporto. Da questo osservatorio privilegiato è emerso molto forte il tema della burocrazia, un ostacolo potente sulla strada delle imprese che blocca chi ha idee, chi vuole intraprendere, chi vuole crescere e far crescere il Paese. E le prime vittime sono le più indifese: gli aspiranti imprenditori, che rischiano di scoraggiarsi. I dati di questa indagine parlano chiaro: dobbiamo fare una guerra di liberazione dalla burocrazia, che frena le potenzialità di sviluppo e di crescita dell’Italia".

Lo studio prende a esempio cinque tipologie d’impresa: acconciatura, bar, autoriparazione, gelateria, falegnameria. Di ognuna è calcolato in dettaglio il numero di adempimenti, degli enti coinvolti e delle operazioni necessarie all’apertura, oltre al costo totale dell’autorizzazione. "Tutte le attività scontano profonde differenze tra un comune e l’altro, che incidono in termini di tempi ma anche di denaro. Il risultato di questa pressione è il numero di adempimenti chiesti dalla Pubblica amministrazione: per chi voglia aprire un’attività di autoriparazione sono 86 - osserva Zanotti -. È il picco. Ma anche chi ha di fronte la strada relativamente più agevole, l’aspirante acconciatore, se ne ritrova di fronte 65. E in questo arco poco invidiabile si posizionano gli altri. Così come si può arrivare a dover spendere quasi 20mila euro, una somma ingente che, invece, potrebbe essere investita per acquistare macchinari e attrezzature necessari all’attività".

"Questa indagine denuncia una situazione davvero insostenibile – commenta Franco Napolitano, direttore generale di Cna Forlì-Cesena – già le nuove imprese si trovano oggi a cimentarsi con un mercato difficile ed estremamente competitivo. Come CNA cerchiamo di supportarle con servizi, consulenza di settore, pacchetti smart e supporto per il credito. Davvero cerchiamo di inventarcele tutte per sostenerle, e questo ci viene riconosciuto, poiché l’85% di chi viene a chiedere informazioni e avvia effettivamente l’attività lo fa con Cna. Però non può essere sufficiente, è ora che lo Stato, nelle sue diverse articolazioni, batta un colpo. Nonostante riforme e anni di proclami di ogni governo e forza politica, i processi di digitalizzazione, la burocrazia anziché calare è cresciuta. Questo è davvero paradossale". Lo studio di Cna analizza anche alcune aspetti dell’apertura d’impresa che, con differenze a seconda delle casistiche, sono trasversali per tutti gli aspiranti imprenditori: gli adempimenti relativi a salute e sicurezza, la pratica per esporre un’insegna, la ristrutturazione dei locali, l’assunzione di un apprendista.

Acconciatura

65 Adempimenti, 26 enti coinvolti, 39 file (reali o virtuali). Una spesa di 17.535 euro. E tutto ciò solo per aprire un salone di acconciatura. A monte della presentazione della Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) va previsto il superamento di un esame teorico-pratico a compimento di un corso triennale e di uno stage dalla durata variabile: dalle 500 ore richieste nel Lazio alle 1.200 in Lombardia e in Sicilia. Oltre alla documentazione obbligatoria per legge, da presentare al Suap (Sportello unico attività produttive) un terzo dei comuni pretende attestazioni facoltative. Che possono essere molto onerose. Catania e Ragusa, a esempio, chiedono il certificato di agibilità dei locali, che si ottiene in 60 giorni e costa 1.500 euro.

Bar

Aprire un bar richiede fino a 71 adempimenti e coinvolge anche 26 enti con i quali, però, ci si può dover interfacciare fino a 41 volte perché ad alcuni enti ci si deve rivolgere varie volte. La spesa arriva a 14.667 euro. L’aspirante imprenditore deve aver frequentato un corso che costa in media sui 600 euro ma dura tra le cento (Emilia Romagna, Marche, Piemonte e Sicilia) e le 160 ore (Campania). Gli adempimenti obbligatori sono cinque. Un terzo dei comuni, però, ne richiede anche altri: dalla relazione sui locali e le attrezzature (140 euro) alla verifica dell’adeguatezza dei locali (300 euro), dal certificato di agibilità (mille euro) alla verifica dell’impianto elettrico. I diritti Scia spesso sono gratuiti ma in sei comuni il loro costo supera i cento euro.

Autoriparazione

L’aspirante autoriparatore si trova di fronte una sorta di montagna: fino a 86 adempimenti complessivi da assolvere. Gli enti con i quali può avere a che fare sono 30 e 48 i contatti. Con oltre 18.550 euro di costi da affrontare. Per diventare responsabile tecnico di un’attività di autoriparatore (meccatronica, gommista, carrozzeria) occorre un corso propedeutico della durata di 500 ore che costa 2mila euro. I diritti Scia oscillano tra la gratuità e un costo superiore ai cento euro. Molte amministrazioni, inoltre, fanno ulteriori richieste rispetto a quelle previste dalla normativa unica. Particolarmente numerosi per l’aspirante autoriparatore sono gli adempimenti ambientali, dall’impatto acustico all’assimilazione acque reflue. Con l’aggravante, anche su questo fronte, dei comuni che procedono in ordine sparso. Pavia, a esempio, chiede anche planimetria dei locali, destinazione d’uso, elenco con la tipologia dei rifiuti e contratto di smaltimento rifiuti. 

Gelateria

Per trasformare il suo sogno in realtà l’aspirante gelatiere può trovarsi ad affrontare fino a 73 adempimenti, con 26 enti coinvolti e 41 contatti. E con una spesa per le pratiche burocratiche che da sola arriva a 12.660 euro. Anche in questo caso è previsto come pre-requisito quello della frequenza di un corso di Somministrazione alimenti e bevande.  L’iter burocratico vero e proprio si apre con la presentazione della Scia, di solito accompagnata da una notifica sanitaria. Agli adempimenti standard in questa fase alcuni comuni ne aggiungono di facoltativi: dalla planimetria con relativa relazione alla verifica dell’adeguatezza locali e dell’impianto elettrico.

Falegnameria

Per aprire una falegnameria gli adempimenti possono arrivare a 78, gli enti coinvolti a 26 e a 39 le volte in cui l’aspirante imprenditore (o chi per lui) si deve confrontare con la Pubblica amministrazione.  Il combinato disposto di questa girandola di impegni porta fino a 19.742 euro la spesa per le pratiche burocratiche.  L’adempimento in sé più oneroso è il certificato controlli antincendi rilasciato dai Vigili del fuoco: mediamente costa 1.600 euro e abbisogna di 60 giorni per il rilascio. Data la particolarità dell’attività di falegname non sempre è il Suap l’interlocutore di riferimento. Talvolta è un apposito sportello comunale al quale si può inviare tramite Pec e/o in via telematica. Rispetto ad altre attività la falegnameria presenta un numero molto elevato di obblighi ambientali.  Con costi, tempi ed enti coinvolti estremamente variabili da un comune all’altro. Rimanendo ai costi si va da 150 a 600 euro per le pratiche relative allo scarico di acque reflue, da 500 a mille euro per l’impatto acustico, da 150 a 700 euro per l’industria insalubre e da 500 a 1.100 mila euro per le emissioni in atmosfera.

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