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Viaggio nei bar, consumi in calo. Confcommercio: "Concorrenza sleale di circoli e sagre"

Dai consumi pro capite emerge una rarefazione sia nelle colazioni (da due a una pasta, da una pasta a soltanto il caffè o il cappuccino) che negli aperitivi, per il ridotto potere di acquisto

Decremento del volume di affari mediamente del 30%, calo non tanto dei clienti. Ma dai consumi pro capite emerge una rarefazione sia nelle colazioni (da due a una pasta, da una pasta a soltanto il caffè o il cappuccino) che negli aperitivi, per il ridotto potere di acquisto. Anche tra clienti giovani segnali negativi. La dinamica dei consumi nei bar cesenati è stata presa in esame al consiglio direttivo della Fipe guidato dal presidente Angelo Malossi e a cui sono intervenuti fra gli altri Bruno Bracciaroli, titolare del Caffé Centrale di Mercato Saraceno, Agostino Alvisi, barista cesenate presidente del Gruppo Giovani imprenditori Confcommercio e Salvatore Nestola, noto pubblico esercente di Cesenatico.

“Il numero dei bar resta stazionari nel territorio comprensoriale, un migliaio di cui oltre 300 a cesena, con alta presenza pro capite, grazie anche - dice Malossi - a un turno over accentuato che finora ha coperto i buchi determinati dalla chiusura di vari esercizi, ma non sappiamo fino a quando si riuscirà a compensare”. “I costi di gestione crescono a dismisura, così i gravami fiscali e burocratici – osserva il presidente – e i margini di guadagno si sono ridotti penosamente al lumicino, anzi stanno scendendo sotto la soglia dell'utile e tanti si trovano in difficoltà chiedendosi se vale la pena continuare, in queste condizioni".

"A livello locale - continua Malossi - alle nuove giunte chiediamo sgravi fiscali, fra cui l'abolizione della tassa di occupazione di suolo pubblico, e non solo la riduzione alla metà per gli esercenti che non tengono le slot machine”. “Colazioni più striminzite, magari senza paste  e in generale consumazioni più ridotte – dice Alvisi – eppure non perdiamo clienti: i nostri locali nel cesenate sono tra i più accoglienti e rinnovati in regione, riqualificati e ristrutturati in larga parte, con bar ospitali dove si può sostare, leggere i giornali, fruire dei servizi. Molti, come ad esempio il mio, effettuano l'orario pieno dalle 8 alle 24. Io ho tre collaboratori, il bar lavora ma il calo è innegabile ed è dura”.

“Nei paesi come Mercato – rimarca Bruno Bracciaroli – i bar restano un presidio sociale e un punto di riferimento anche se rispetto al passato le frequentazioni si sono ridotte. Da parte nostra ampliamo i servizi, fra cui i pasti leggeri a mezzogiorno. Fare il barista come si deve ormai è diventata una missione: in questo senso fa specie che la categoria venga ciclicamente messa nel mirino per il costo presunto troppo alto del caffé. Viene da ridere: nel 2001, prima dell'introduzione dell'euro, costava 1.600 lire: se facciamo un calcolo in tredici anni l'aumento è stato del tutto irrisorio. Se invece vi mostro la bolletta dell'Enel di 13 anni fa e quella di oggi l'aumento è galoppante. Al di là di questo occorre realizzare cosa ci sta dietro la tazzina di caffé, cioè i costi di gestione di un bar, il canone di affitto, il costo delle materie prime, delle bollette, i servizi aggiunti che fornisce alla comunità in quanto casa della città. Il bar è la cartina di tornasole della ospitalità di un luogo, un prezioso alleato dell'ufficio comunale di informazione turistica. Quante volte ho risposto alla domanda, con piacere ci mancherebbe, perché Mercato saraceno si chiama così!”.

“Sagre e circoli – mettono in luce Malossi e Nestola - continuano ad esercitare una forma di concorrenza sleale e Fipe richiama l’intera filiera ad una comune azione a contrasto contro le tante forme di abusivismo. Ad esempio durante la Nove Colli negli stand a corredo della rassegna – dice Nestola - sono stati serviti fiumi di birra, sottraendo quote di mercato ai pubblici esercizi della rete distributiva, presenti tutto l'anno, che pagano fior di tasse e patiscono un peso burocratico che solo chi esercita il mestiere può comprendere. Questo non è giusto e i Comuni dovrebbero riflettere. Va bene che ci chiedono la collaborazione contro la ludopatia, e noi ci siamo, ma anche
loro dimostrino di voler sostenere la rete dei pubblici esercizi”.

Il futuro? “L'intervento del Governo a favore del potere di acquisto di chi ha redditi bassi è utile – rimarca Malossi – ma è una goccia nel mare. A tutti i livelli servono azioni per liberare le imprese dai troppi vincoli in attesa di una ripresa economica che aspettiamo da troppi anni, anche contro l'abusivismo”.

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