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E' ormai una piadina al veleno. "Altro che chioschi, ora la possono fare ovunque nel mondo"

E' un tutti contro tutti sul riconoscimento della piadina romagnola IGP, vale a dire con la protezione dell'indicazione geografica. Il procedimento, appena avviato all'Unione Europea, è stato bloccato

E' un tutti contro tutti sul riconoscimento della piadina romagnola IGP, vale a dire con la protezione dell'indicazione geografica. Il procedimento, appena avviato all'Unione Europea, è stato bloccato. Colpa di Bruxelles che non vuole riconoscere la specificità della piada e tutelare qualche grossa multinazionale che fa qualcosa di simile in Germania o in Francia? Niente di tutto questo. La guerra è tutta italiana.

L'EUROPA INIZIA A RICONOSCERE LA PIADINA "DOC". Il 20 maggio viene pubblicata sulla Gazzetta Europea l'avvio della procedura per il riconoscimento dell'IGP alla piadina romagnola. Lo annuncia il Ministero delle Politiche Agricole italiano. Sembra una vittoria della Romagna in Europa e finalmente la possibilità per poter esportare nel mondo la “vera piadina romagnola”, vale a dire quella fatta in Romagna.

MA SCATTA IL RICORSO.... ITALIANO. Ma alcuni storcono il naso. E’ del 15 maggio la sentenza del TAR del Lazio n. 5148 che accoglie il ricorso presentato da una azienda contro il disciplinare di produzione che il Ministero delle politiche Agricole aveva presentato alla Commissione europea nonché contro i decreti ministeriali di riconoscimento della tutela provvisoria. Lo annuncia trionfalmente la Confesercenti di Cesena, che spiega così: “La motivazione afferma in modo perentorio che se c’è la possibilità di riconoscere una reputazione tutelabile dovrà essere solo per la piadina prodotta in maniera tradizionale e manuale e non certo per quella industriale”. Insomma, la vera piadina è solo quella dei chioschi? Un'interpretazione che, però, al di là di scaldare il cuore dei romagnoli, taglia le gambe ad un vero sviluppo dei produttori locali. Basti solo pensare se questo ragionamento fosse applicato al Parmigiano Reggiano o al Chianti.

REPLICA AL VELENO. E infatti a Confesercenti arriva ora la risposta piccata del Consorzio di Promozione della Piadina Romagnola: “Singolare che Confesercenti Cesena, l’Associazione per la valorizzazione della Piadina Romagnola di Cesena e Slowfood, si appellino al ricorso di un’industria emiliana che produce Piadina Romagnola al di fuori della Romagna! Singolare l’opposizione al Consorzio di tutela quando a suo tempo le due associazioni cesenati chiesero di entrare nel CdA del Consorzio. Singolare che si parli in difesa dei chioschi romagnoli quando le due associazioni ne rappresentano solo 14! Sulla sentenza del Tar faremo ricorso al Consiglio di Stato”.

L'ALTRA CAMPANA. Dice il Presidente Elio Simoni, a capo del Consorzio di Promozione della Piadina Romagnola: “Il ricorso al TAR del Lazio è stato presentato dalla CRM Srl con sede a Modena, impresa industriale che produce piadina, la quale non è certo una “piccola azienda” come riportato da alcuni organi di stampa. Riteniamo che la sentenza del TAR del Lazio pubblicata il 15 maggio, contro la quale presenteremo appello al Consiglio di Stato, sia frutto di un’errata interpretazione dei fatti e delle normative comunitarie, e contraria alla costante giurisprudenza del TAR, del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia Europea in questa materia. In data 21 maggio la Commissione Europea, l’unico organo preposto alla registrazione delle Denominazioni di Origine, dopo più di 17 mesi di indagini, esami ed approfondite analisi, ha pubblicato la domanda di registrazione della “Piadina Romagnola / Piada Romagnola” IGP inclusa la variante alla Riminese sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. Tale atto certifica che la nostra proposta rispetta tutti i requisiti richiesti per poter essere registrata”.

Continua il Consorzio: “È in mala fede chi sostiene che il Disciplinare proposto è a solo ed esclusivo vantaggio delle grandi industrie. Infatti basterebbe leggerlo (è pubblico e scaricabile dal nostro sito o dal sito del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali), per rendersi conto che non vi è nulla di “industriale”, ma anzi è prevista una specifica ulteriore denominazione “lavorazione manuale tradizionale” ad uso esclusivo dei chioschi che realizzano manualmente la Piadina Romagnola”.

E ancora Simoni: “Solo chi intende strumentalizzare ad altri fini, non comprende, o meglio non vuole comprendere, che senza il riconoscimento IGP della Piadina Romagnola, chiunque in giro per il mondo può registrare ed utilizzare tale nome per qualsiasi prodotto, realizzato come meglio crede, e commercializzarlo, anche in Romagna, avendo un indebito profitto dallo sfruttamento della fama e del prestigio della vera Piadina Romagnola, e nessuno potrebbe ostacolarlo. L’Associazione per la valorizzazione della Piadina romagnola e Confesercenti Cesena rappresentano solo 14 chioschi di Cesena e non tutti gli altri 2.000 chioschi romagnoli. Più di 100 chioschi di Ravenna e Cervia hanno aderito alla nostra proposta ritenendo che sia giusta e corretta al fine di tutelare la Piadina Romagnola”.

Ed ancora: “Nei prossimi giorni inizieranno l’iter per l’adesione al piano dei controlli ed a breve anche loro potranno produrre e commercializzare piadina a denominazione Piadina Romagnola. Altri di Rimini e Forlì, ci hanno già contattato per poter anche loro iniziare l’iter di accreditamento. Premesso ciò, ci chiediamo a quale titolo Graziano Gozi (Confesercenti Cesena), Giampiero Giordani (Associazione per la valorizzazione della Piadina romagnola) e Slowfood, parlino a nome di “tutti” i chioschi romagnoli”.

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