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Economia

Cala la pressione fiscale sulle imprese, Cna: "Percorso virtuoso è solo all'inizio"

Migliorano i dati anche a Forlì e Cesena, grazie all’innalzamento della deducibilità Imu, una vittoria della Cna

Il Total tax rate per artigiani e piccole imprese arretra finalmente con decisione. Una proiezione per l’anno in corso elaborata da “Comune che vai, fisco che trovi 2019”, il Rapporto annuale dell’Osservatorio Cna sulla tassazione delle Pmi. L’aliquota fiscale totale media sui profitti delle piccole imprese quest’anno scenderà sotto il 60%: per la precisione al 59,7% contro il 61,2% del 2018. "Ora abbiamo la prova che la crescita della pressione fiscale sulle piccole imprese non è ineluttabile - commenta Franco Napolitano, direttore generale di Cna Forlì-Cesena – anche se il percorso virtuoso è solo alle prime mosse. Qualche passo in avanti è stato compiuto negli ultimi anni. Sono state, infatti, trasformate in legge alcune importanti proposte della Cna: più di tutto ha pesato l’innalzamento al 50% della deducibilità dell’Imu sugli immobili strumentali, vale a dire i capannoni, i laboratori, i negozi: vitali per un’impresa, per l’imprenditore come per i suoi dipendenti. Misura introdotta dalla Legge di Bilancio 2019 su pressione, in particolare, della Cna che ne ha fatto un cavallo di battaglia. Ricordiamo, poi, l’introduzione del regime forfettario di tassazione del reddito d’impresa, il regime di cassa per la determinazione del reddito delle imprese in contabilità semplificata e l’abrogazione degli studi di settore”.

È alla sua sesta edizione l’indagine “Comune che vai fisco che trovi”, condotta da Cna su un confronto incrociato tra 141 comuni italiani, prendendo a campione una impresa manifatturiera rappresentativa del tessuto economico italiano: in particolare, azienda con 4 operai ed un impiegato, con reddito d’impresa di 50.000 euro all’anno. Anche per i nostri comuni, notizie migliori dello scorso anno ma siamo ben lontani da una situazione sostenibile. Emblematico il Tax free day, cioè il giorno dell’anno nel quale una piccola impresa smette di lavorare per pagare tasse, imposte e contributi, e comincia a produrre reddito disponibile per il titolare e per la sua famiglia. Quest’anno sia Forlì che Cesena hanno guadagnato qualche giornata: il tax free day è caduto, infatti, l’11 agosto a Forlì (era il 18) e il 10 agosto a Cesena (era il 17). In entrambi i casi, con un ritardo rispetto alla media nazionale, che lo colloca al 5 agosto. Il peso della tassazione (Total tax rate) nella nostra provincia rimane maggiore rispetto alla media nazionale, anche se in lieve calo sul 2018: a Forlì si passa dal 63,3% al 61,3% ed a Cesena dal 63,1% al 61%. Diminuzioni evidenti, che rappresentano una inversione di tendenza contingente, in attesa di conferme e continuità.

A Forlì, nel 2019, l’azienda campione pagherà 30.650 euro di tasse, il 61,3% del proprio reddito, ovvero 1.022 euro in meno rispetto al 2018. In pratica, su un reddito di 50.000 euro alla fine dei giochi gliene resteranno in tasca 19.350. "Se consideriamo un’azienda analoga a Cesena, nel 2019 pagherà 30.520 euro di tasse, il 61% del proprio reddito. Si pagheranno 1.017 euro in meno rispetto al 2018, quando l’incidenza totale delle imposte arrivava al 63,1%. Di quei famosi 50.000 euro, a Cesena ne rimangono 19.480. Restiamo posizionati male nella classifica delle città dell’Emilia-Romagna: Forlì resta penultima e Cesena si colloca al quartultimo posto, con una classifica complessivamente stabile. L’incidenza della tassazione locale scende di appena lo 0,2% a Forlì, attestandosi al 20,9% e dello 0,3% a Cesena, che registra un 20,4% mentre è più bassa sia a Rimini (17,9%) che a Ravenna (17,2%)".

Segnali positivi, quindi, ma non sufficienti. "Per far ripartire l’Italia è necessario aprire una stagione in cui si superi la logica degli interventi emergenziali e scoordinati – prosegue Napolitano – e si definisca un progetto di sviluppo del Paese per i prossimi anni, individuando obiettivi e driver di sviluppo. Un progetto in cui la politica di bilancio non sia solo funzionale al rispetto aritmetico dei vincoli europei, ma sia il motore degli investimenti necessari a traghettare il Paese fuori dalle secche in cui si trova. Un così elevato prelievo fiscale è un forte disincentivo allo stesso desiderio di intrapresa, a cui si aggiunge che la macchina del fisco è anche iniqua, complessa e instabile nel tempo, diventando un fattore di incertezza. A ogni cambio di governo si riaccende in noi la speranza dell’avvio di una stagione nuova tra contribuenti e fisco. Una stagione improntata alla trasparenza, alla semplicità, alla stabilità delle regole e soprattutto alla ragionevolezza del prelievo”.

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