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Cronaca

Nella giungla delle tasse locali: da Comune a Comune si paga fino a tre volte tanto

Comune che vai, tasse locali che trovi. Il cosiddetto "federalismo fiscale" oltre a produrre un generale rincaro della tassazione, ha anche creato disparità da Comune a Comune: una giungla, quasi più odiata del tributo in sé

Comune che vai, tasse locali che trovi. Il cosiddetto “federalismo fiscale” oltre a produrre un generale rincaro della tassazione, ha anche creato disparità da Comune a Comune, contribuendo alla crescita di quella giungla, quasi più odiata del tributo in sé, che rende non solo il livello di tassazione altissimo, ma anche iniquo, difficile da comprendere, disuguale da territorio a territorio.
 

Si andrà davvero verso la semplificazione di una “local tax”, con maggiore equità e trasparenza? I tempi purtroppo sembrano allungarsi. Nel frattempo, per fare il punto sulla tassazione locale, l’Ufficio studi di CNA Forlì-Cesena ha condotto un’analisi minuziosa su tutti i 30 Comuni della nostra provincia, relativamente a Tari (Tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), IMU (Imposta municipale unica), Tasi (Tributo sui servizi indivisibili) e addizionale comunale Irpef.
 

L’indagine è stata presentata in una conferenza stampa a cui hanno partecipato Francesco Ferro e Franco Napolitano, rispettivamente vicepresidente e direttore generale di CNA Forlì-Cesena. Presenti anche Carmelo Salonia, responsabile dell’Ufficio studi e Maurizio Zoli, responsabile Servizio Fiscale dell’Associazione.
 

TARI (Tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani)       
Presupposto della Tari è il possesso o la detenzione di locali o aree scoperte, adibiti a qualsiasi uso, suscettibili di produrre rifiuti urbani o assimilabili (sacchi, imballaggi, carta, tessuti, etc…). La tariffa deve coprire interamente il costo del servizio ed è costituita di una parte fissa e di una parte variabile. Ogni comune ha la facoltà di stabilire la ripartizione percentuale tra utenze domestiche ed extradomestiche (che comprendono le unità produttive).
 

Cosa emerge dall’indagine CNA? Quello che salta agli occhi dall’indagine prodotta dall’Ufficio studi di CNA è l’estrema diversificazione fra i comuni, nella ripartizione dei costi tra utenze domestiche ed extradomestiche: per queste ultime, per esempio, si va da un minimo del 15% di Borghi, ad un massimo del 61% di Gatteo. Una situazione che poi si traduce in notevoli differenze per le imprese che operano in comuni diversi. Alcune simulazioni: una parrucchiera con negozio di 50 mq paga da un minimo di 79 euro a Premilcuore, a un massimo di 261 euro a Castrocaro; così un’attività artigiana tipo bottega (falegname, idraulico, etc…) di 300 mq, paga da un minimo di 469 euro a Bertinoro a un massimo di 1.135 euro a Montiano; una carrozzeria con laboratorio di 300 mq paga da un minimo di 564 euro a Premilcuore, fino a un massimo di 1.491 euro a Castrocaro; infine una piccola impresa manifatturiera con laboratorio di 1.000 mq, paga 1.618 euro a Sogliano, ma pagherebbe ben 4.687 euro a Montiano.

In questo caso la CNA propone l’applicazione della tariffa puntuale, in base al principio che chiunque, cittadino o imprenditore, debba pagare esattamente per quanto produce e conferisce a smaltimento. La tariffa puntuale esprime un criterio di massima equità; azzera le sproporzioni prima evidenziate tra le diverse località; elimina il “dubbio”, sempre velato ma presente, di scelte politiche nella determinazione della distribuzione dei costi fra utenze domestiche ed extradomestiche. In conclusione, porterebbe al pagamento di un servizio piuttosto che al versamento di un tributo.-
 

IMU (Imposta municipale unica o propria) e TASI (Tassa sui servizi indivisibili)
Presupposto di entrambi i tributi è il possesso di fabbricati: Imu e Tasi hanno la medesima base imponibile, calcolata a partire dalla rendita catastale. La Tasi sull’abitazione principale può arrivare a un massimo del 2,5 per mille, con la possibilità di aggiungere un ulteriore 0,8 per mille, se compensato da detrazioni; per tutti gli altri immobili, la somma di Imu e Tasi non può superare il 10,6 per mille.
 

Cosa emerge in questo caso dall’indagine CNA? Nove comuni hanno applicato le aliquote al massimo (10,6 per mille): Forlì, Forlimpopoli, Modigliana, Cesena, Sarsina, Verghereto, Gatteo, Roncofreddo e S. Mauro Pascoli. Solo due comuni hanno applicato le aliquote minime: Galeata e Sogliano. Il 63% dei comuni si posiziona tra il valore medio provinciale (9,4) e quello massimo (10,6), a prefigurare quindi una media elevata. Venticinque comuni su trenta non hanno applicato la Tasi per immobili ad uso produttivo, che troviamo solo a Borghi, Gambettola, Longiano, Roncofreddo e Gatteo.

Le proposte di CNA: la Tasi serve a coprire le spese del Comune per i “servizi indivisibili” che vanno a vantaggio di tutta la cittadinanza: illuminazione pubblica, sicurezza, anagrafe, manutenzione delle strade. Sostituisce in parte la vecchia Imu. Ma c’è un aspetto che, per le imprese, fa la differenza: l’Imu è deducibile solo per il 20%, mentre la Tasi è completamente deducibile. A questo punto CNA chiede per quale ragione, soprattutto nei Comuni nei quali il livello tributario è massimo, non si abbassa l’Imu e aumentando piuttosto la Tasi? Ciò darebbe una boccata di ossigeno all’economia del territorio, senza nulla togliere ai Comuni. Una volta di più, sembra che le politiche tributarie locali siano determinate dal puro intento di “fare cassa”, anche se – con un po’ di attenzione – si sarebbero generati effetti ben diversi per le imprese.
 

ADDIZIONALE IRPEF
Tutte le persone fisiche che sono tenute al pagamento dell’Irpef devono pagare anche il relativo addizionale comunale. È opportuno ricordare che, pur trattandosi di un tributo il cui destinatario è l’ente locale, il potere del Comune sulla gestione del prelievo è alquanto ridotto, trattandosi di imposte riscosse dall’amministrazione centrale, e soltanto in seguito ridistribuite ai singoli Comuni.
 

Ecco cosa emerge dall’indagine CNA: solo due Comuni (Longiano e Sogliano) non hanno introdotto l’addizionale Irpef; sono due i Comuni che hanno nel 2014 l’aliquota massima dello 0,80% (Bagno di Romagna e Gatteo); venti Comuni su trenta hanno confermato l’aliquota del 2013; sette Comuni hanno applicato l’aliquota in base agli scaglioni di reddito.
 

A tal proposito la CNA chiede di alleggerire al massimo l’addizionale Irpef, che è l’unica di queste tasse che non corrisponde a un effettivo servizio erogato dai Comuni. Sarà molto più trasparente ed equo, quando servisse finanziare opere pubbliche o altro, ricorrere a specifiche tasse di scopo. I cittadini e le imprese non si tireranno certo indietro se si tratterà di dare un contributo straordinario ad esempio per finanziare un nuovo asilo, ma poi altrettanto responsabilmente chiederanno conto al Comune dei lavori effettuati e dei soldi spesi.
 

IMPRESE SPREMUTE ATTRAVERSO GLI IMMOBILI
Commentano Ferro e Napolitano: “A conferma dell’attualità di questo tema, il recentissimo studio di CNA nazionale che mostra come la tassazione sugli immobili strumentali sia aumentata di quasi cinque miliardi in 36 mesi. Si tratta di una enorme mole di denaro sottratta agli investimenti ma ancora più grave è l’escalation della “spremitura”, passata, proprio negli anni in cui più mordeva la crisi, dai 4,7 miliardi del 2011, quando era in vigore solo l’Ici, ai 9,6 miliardi di quest’anno, somma delle entrate di Imu e Tasi. Non si può più rinviare la riforma fiscale. Basta ai cambiamenti continui. E basta alle differenze tra Comuni vicini per quanto riguarda regolamenti, scadenze e modalità di pagamento. Le imprese, davvero, non ne possono più”.

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