rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Piadina, Gozi: "Provammo a conciliare prodotto artigianale e industrie, ma niente"

Ora si rischia una multa salata a scrivere su un'insegna o nel menù di chioschi e negozi di piadina fatta artigianalmente la dicitura "piadina romagnola". Un vero e proprio terremoto per le centinaia di quelli che tutti chiamiamo "piadinari"

Ora si rischia una multa salata a scrivere su un'insegna o nel menù di chioschi e negozi di piadina fatta artigianalmente la dicitura “piadina romagnola”. Un vero e proprio terremoto per le centinaia di quelli che tutti chiamiamo “piadinari” e dove generalmente si può gustare la “vera” piadina romagnola (sono una sessantina nel solo territorio comunale di Cesena). Una multa che è arrivata, nel primo caso di applicazione, a ben 4.000 euro. Una stangata.

Il motivo di questa rivoluzione è l'entrata in vigore del marchio registrato 'Igp' (Indicazione geografica protetta), per cui chi non aderisce al marchio in sostanza non può più usare quelle due paroline, “piadina romagnola”, così cariche di tradizione gastronomiche (CLICCA QUI PER APPROFONDIRE). Confesercenti Cesenate, assieme alla Confesercenti di Forlì e di Ravenna è sempre stata in prima linea contro le aberrazioni nell'applicazione del marchio Igp e ha trovato in questa battaglia l'alleanza di Slow Food. Fa il punto della situazione Graziano Gozi, direttore di Confesercenti Cesenate.

Gozi, quindi ogni chiosco o negozio che vende la piadina e scrive 'piadina romagnola' su un'insegna o menù ora è multabile?
“Dopo il paradosso, arriva anche la beffa. Pensavamo che non ci fossero ancora sanzioni, considerato il quadro normativo ancora incerto, ma evidentemente almeno in un caso c'è stata la multa” (un agricoltore di Ravenna che vendeva, come fa da anni, la propria piadina su un banco ad un mercato a Ravenna: 4000 euro di sanzione, ndr).

Come è possibile?
“Noi la questione la poniamo da anni e abbiamo avvertito che si sarebbe potuta creare questa situazione. Abbiamo anche tentato con la Regione una conciliazione con le richieste sostenute con il Consorzio che voleva il riconoscimento del marchio Igp, per mantenere nella legalità centinaia di produttori di piadina romagnola, ma non è stato trovato l'accordo. Probabilmente molti hanno pensato che “è così grossa che non credo se non lo vedo”. Avviseremo i nostri associati di evitare la dicitura “piadina romagnola”: potranno comunque scrivere “piadina tradizionale” o la “vera piadina”. Non si tratta solo di un nome, non è un danno marginale, ma di una tradizione che c'è dietro quel nome”.

Partiamo dal principio. I produttori industriali chiedono il marchio Igp, così c'è la sicurezza che la piadina che vediamo venduta nei supermercati, imbustata, venga prodotta in Romagna, invece che a Milano o in Germania. Di per sé giusto...
“Il principio è di per sé positivo. Il problema è che va a toccare anche i chioschi. Noi avevamo chiesto con insistenza la distinzione del marchio “produzione manuale” e “produzione industriale”. Alle industrie però non piaceva e hanno trovato l'accordo di Ministero e Regione Emilia-Romagna. E' stato creato una sorta di sottomarchio della “produzione manuale”, ma è privo di senso dal momento che deve rispettare il disciplinare della produzione industriale. Per esempio, nel disciplinare si indica quanto alcol si può usare per l'insacchettamento, un'indicazione priva di senso per chi fa la piadina nel chiosco”.

E perché non aderire al disciplinare anche da parte dei chioschi?
“Il problema del disciplinare è che vieta di indicare la provenienza degli ingredienti, che fanno la qualità del prodotto. Quindi se un chiosco usa una particolare farina di qualità locale non lo può scrivere. La produzione industriale può far arrivare la farina da ovunque, così come gli altri ingredienti”.

Quindi non ci sono ricadute sul territorio?
“C'è una ricaduta parziale, in quanto si obbliga a realizzare parte della produzione in Romagna, ma non c'è un indotto per esempio per l'agricoltura romagnola. In sostanza questa piadina può non avere nulla di romagnolo come ingredienti, ma l'importante è che venga realizzata qui. C'è poi un'ulteriore complicazione...”

Quale?
“Una contraddizione tra l'Europa che ha registrato il marchio come se nulla fosse, definitivo. In contemporanea, però, un ricorso di un'industria modenese che produce piadina ha fatto sì che il Tar del Lazio bloccasse l'applicazione del marchio. Questa sentenza, che sostanzialmente dice quello che diciamo da tempo noi, è stata appellata al Consiglio di Stato, che deve ancora esprimersi”.

Questo potrebbe essere un modo per bloccare le multe, almeno per il momento?
“Noi crediamo di sì”

Non potreste realizzare un ulteriore marchio di maggiore qualità, per esempio la “piadina romagnola tradizionale”?
“Non è semplice, ma qualcosa faremo. Costituiremo diciamo un club, un associazione della “vera piadina della tradizione romagnola”, o qualcosa del genere”.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Piadina, Gozi: "Provammo a conciliare prodotto artigianale e industrie, ma niente"

CesenaToday è in caricamento