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Cronaca

Confesercenti critica: "L'aumento dell'Imu non aiuta la ripresa"

In una nota, Armando Casabianca, presidente della Confesercenti Cesenate, spiega il quadro economico che affronta la piccola media imprenditoria

Liberalizzazioni degli orari, aumenti di iva, tassa di soggiorno, incremento della pressione fiscale. I recenti provvedimenti del governo - si legge in una nota della Confesercenti - mettono a rischio il futuro delle piccole e medie imprese italiane. Nonostante queste producano il 46% del PIL italiano e il 54% dell'occupazione nel settore privato, creando lavoro a oltre 10 milioni di addetti, di cui un milione negli ultimi dieci anni. Un contributo decisivo alla crescita economica del Paese che le imprese vogliono continuare a dare.

“Per questo – commenta Armando Casabianca, presidente della Confesercenti Cesenate - chiediamo equità, attenzione, semplificazioni e certezze. La Confesercenti ha dato voce alle piccole e medie imprese italiane sulle pagine dei più importanti quotidiani nazionali, oggi giovedì giornata di sensibilizzazione e mobilitazione per il sostegno alle piccole e medie imprese”.

“La Confesercenti – continua Casabianca - esamina la situazione attuale di crisi che, tra alti e bassi, perdura dal 2007, con conseguenti rallentamenti della produzione, dei consumi, problematiche di bilancio ha avuto effetti anche sul sistema imprenditoriale, sulle piccole e medie imprese, in particolare, e su quelle dei servizi in misura rilevante: negli ultimi quattro anni si registrano oltre 150mila imprese in meno (saldo tra iscritte e cessate) nei settori commercio e turismo, di cui circa 72mila nel commercio al dettaglio. Il saldo negativo dei posti di lavoro perduti è di circa 450mila”.

“E non giova certo – conclude il presidente della Confesercenti Cesenate – a questa situazione grave, l’aggiunta delle pesanti aliquote Imu stabilite dai Comuni e la brutta campagna di criminalizzazione fatta di black list con solo imprenditori del commercio e del turismo, mentre in realtà i dati dimostrano che il 75% delle imprese è in regola con gli studi di settore e l’incidenza dell’evasione non supera il 5% del totale”.

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