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Cronaca

Nuovo ospedale, il direttore Ausl Tonini: "Viverla come una grande opportunità"

La contrapposizione tra territori "è deleteria", anche perché "non esistono i forlivesi, i ravennati, i riminesi e i cesenati, ma i romagnoli":lo dice il direttore dell'Ausl Tonini

La contrapposizione tra territori “è deleteria”, anche perché “non esistono i forlivesi, i ravennati, i riminesi e i cesenati, ma i romagnoli”: è l' “appello a tutti” - come lui stesso l'ha definito - del direttore generale dell'Ausl Romagna Marcello Tonini al termine di una conferenza stampa che si è tenuta a Forlì per la presentazione dei nuovi primari e dei progetti sul polo ospedaliero forlivese. L'occasione è stata per mandare un messaggio a tutti in Romagna: “L'Ausl Romagna è super-partes e si confronta con tutti i territori”.

E' stata anche l'occasione per discutere del tema più caldo al momento nel dibattito sulla sanità romagnola, vale a dire la costruzione del futuro “Bufalini”, il nuovo ospedale che – nei progetti del sindaco Paolo Lucchi - deve rimpiazzare l'attuale struttura ospedaliera.  Su questo tema  politica sta dibattendo con toni anche molto aspri: dal sindaco di Forlì Davide Drei sono giunte perplessità e freddezza, mentre l'ex sindaco di Forlì Roberto Balzani ha sostenuto che il vero scopo di costituire l'Ausl unica è stato “urbanistico, a cui ha prontamente risposto Lucchi in un'intervista.

Tonini spezza una lancia a favore del progetto: “Non sarà l'ospedale della Romagna, ma l'ospedale di Cesena al servizio della Romagna, se mai si farà. Non capisco, invece, come non si faccia a viverla come un'opportunità, è potenzialmente una grande opportunità. Se queste sono le iatture, non ci siamo”. 

Inoltre, continua Tonini, non ci sono “segrete stanze in cui si decide”, ma “un confronto che abbiamo fatto e continuiamo a fare con le istituzioni di tutti i distretti, come è giusto che sia”. E con questo spirito “entro il 30 giugno vogliamo chiudere il progetto del riordino ospedaliero, così poi da poter lavorare in estate per chiudere il cerchio e non arrivare all'ultimo alla scadenza del 31 dicembre”. L'azienda sanitaria che vuole Tonini non deve essere necessariamente la prima della classe “ma un'azienda umile, a piedi scalzi, che fa un passo alla volta”. E continua: “E' evidente che l'inizio sia stato complicato, è una delle aziende sanitarie più grandi d'Italia e l'assetto organizzativo è stato sofferto”, ma oggi “siamo in una fase operativa” e questo con una “direzione unica, che non si sviluppa con sotto-direzioni e sotto-sotto-direzioni”.

“Stiamo lavorando forte – continua Tonini  -, ma questo non significa pensare che dobbiamo sempre aggiungere, aggiungere e aggiungere. Non è realistico date le condizioni finanziarie ed è semplicistico pensare che la complessità si riduca aggiungendo qualcosa”. Invece, per la gestione dei servizi sanitari “dobbiamo lavorare su nuove idee che ci permettano di fare meglio con quello che abbiamo”.

Un passaggio anche sulle tanto citate “vocazioni” di ogni polo ospedaliero, che sono da interpretare in modo corretto: “A Rimini il materno-infantile, a Forlì la chirurgia oncologica avanzata, a Cesena il traumatico e a Ravenna il cardiovascolare. Ma questo non significa che tutti i malati di tumore li curiamo a Forlì o che tutti i bambini li facciamo nascere tutti a Rimini. Significa che, certi casi specifici, complessi e poco ricorrenti li concentriamo su un'unica eccellenza, in quanto è evidente che un unico chirurgo più ne fa di specifici interventi, meglio li fa. L'aspetto vocazionale è fa valorizzare, ma non va a detrimento di altri territori. Questo significa che se abbiamo cento o duecento gravidanze in tutta la Romagna che sono in condizioni particolarmente difficili è normale che vengano concentrate su un ospedale che ha professionalità e tecnologie più specializzate”.

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