Cesena in dialetto, perché col referendum si troverà la dizione più popolare, ma non la "Verità"
Tanti vocaboli ed espressioni verbali differenti che per mettere il cuore in pace sul nome Cesena da incidere sulla fioriera da collocare nel rinnovato quarto lato di piazza del Popolo
Ma come si pronuncia in dialetto romagnolo Cesena? Ceséna, Cisàina, Ciséna, Zisaina, Ziseina, Ziséna, Zisoina, Zizéina tanti modi di pronunciare il nome della città Malatestiana, tutti esatti, ma chiara espressione delle Terre di Romagna dove il dialetto differiva, spesso di molto, solo a pochi chilometri di distanza. Nelle “Cante Romagnole” raccolte di canti realizzate da Aldo Spallicci (1886 – 1873) e Cesare Martuzzi (1885 – 1960) attraverso le testimonianze degli ultimi romagnoli che “pensavano e parlavano in dialetto” la città del Savio si pronunciava “Ciséna”, ne fa fede una vecchissima canta che terminava con “Da e' Mont 'd Ciséna/ fena a Marena/oh che bel Rispir” (Dal monte di Cesena / fino a marina / oh che respiro!).
Tanti vocaboli ed espressioni verbali differenti che per mettere il cuore in pace sul nome Cesena da incidere sulla fioriera da collocare nel rinnovato quarto lato di piazza del Popolo il sindaco Paolo Lucchi ha indetto un referendum. Ovviamente da esso non verrà la “Verita'”, ma solo quale, delle tante etimologie dialettali, è preferita dai cittadini per Cesena, portando ciascuno una testimonianza per suffragare il proprio voto o convinzione. Una risposta univoca non sarà mai possibile, basta pensare che a Ravenna per esempio ragazzo si dice “tabac”, mentre nel resto della Romagna si dice “burdel” a differenza di quei posti in cui si dice “basterd” e a Bertinoro “basterdlot”.
A riguardo della complessità del dialetto o dei dialetti romagnoli e il loro studio vale la famosa regola che nessuno è profeta in patria, infatti uno dei maggiori, o forse il maggiore studioso delle lingue romagnole, fu l'austriaco Friedrich Schürr (1888 – 1980) che si laureò a Vienna nei primi anni dello scorso secolo con una tesi di laurea su “Pvlon e Matt” (Paolone il Matto), protagonista di un poema romagnolo del XVI° secolo di cui era comparsa nel 1887 la prima edizione assoluta a stampa. Per sviluppare al meglio l'argomento si recò in Romagna per sentir parlare gli abitanti e realizzare auditivamente come venivano pronunciate le parole.
Qui rimase stupito per le differenti pronunce in luoghi quasi a volte contigui, nello stesso tempo divenne amico di Aldo Spallicci, suo punto di riferimento nei numerosi soggiorni romagnoli che gli procurò numerosi esperti di dialetto di ogni classe sociale che lo portò a scoprire che anche il reddito economico o la professione portava a pronunce e parole differenti. Per ricordare e poi trascrivere il tutto lo Shurr utilizzò uno dei primi registratori sonori a tamburo che gli saranno molto utili da ascoltare nel silenzio del proprio studio viennese. Tutte le sue ricerche vennero raccolte in tre volume pubblicati verso i primi anni venti del '900. Grazie a tali studi Schürr ottenne la sua prima libera docenza in filologia romanza, che lo avviò ad una lunga e prestigiosa carriera accademica.