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Cronaca

Commozione ed emozione: Cesena ricorda il 70esimo della Liberazione

Tanti cesenati hanno poi partecipato alla cerimonia di scoprimento della targa che ricorda il luogo nel quale i fascisti trucidarono i partigiani Ernesto Barbieri e Colombo Barducci, catturando, per poi trucidarlo, Urbano Venanzio Fusconi

Domenica mattina, apponendo una corona d'alloro in ogni quartiere della città, Cesena ha iniziato le celebrazioni per il 70esimo anniversario della sua liberazione. Tanti cesenati hanno poi partecipato alla cerimonia di scoprimento della targa che ricorda il luogo nel quale i fascisti trucidarono i partigiani Ernesto Barbieri e Colombo Barducci, catturando, per poi trucidarlo, Urbano Venanzio Fusconi.

"In queste ore ci siamo commossi ed emozionati e lo stesso accadrà lunedì, a partire dal Consiglio comunale aperto che alle 9,00 riempirà il teatro Bonci di centinaia di ragazze e ragazzi - ha dichiarato il sindaco Paolo Lucchi -. Sono molti i modi che abbiamo scelto, assieme agli amici del Comitato per il 70simo, per ricordare la guerra di liberazione che portó la nostra terra a riscattarsi, combattendo e cacciando gli occupatori nazi-fascisti".

Il primo cittadino ha quindi ricordato le parole pronunciate nel 1955 da Piero Calamandrei, di fronte agli studenti universitari: "Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione".

Lunedì, tra le varie iniziative in programma, è previsto un tour virtuale nelle cantine e nelle viscere della città, dove i cesenati di 70 anni fa andavano a rifugiarsi dal diluvio di bombe sganciate dagli Alleati. L'appuntamento, organizzato dall'Associazione Zaccagnini è in programma  alle17,15 nell'Aula Magna della Malatestiana. Si comincerà con il convegno “Il passaggio del fronte e i rifugi antiaerei a Cesena”. Relatori l'onorevole Valdo Spini (storico e studioso) e l'architetto Giordano Conti, già sindaco di Cesena. Seguiranno letture di Giuseppe Cantoni (poesie da “Nella luce della sera”) e Lorenzo Pieri (brani del diario di don Leo Bagnoli), accompagnate dalla proiezione di foto, anche inedite, sul passaggio del fronte e le distruzioni portate dalla guerra in città.

Il tema dei rifugi cesenati fu studiato per primo proprio da Giordano Conti, che gli dedicò un’ampia relazione, tuttavia è ancora “nuovo” e meriterebbe di essere approfondito. In città i rifugi antiaerei per difendersi dagli attacchi che venivano dal cielo, portati soprattutto dagli Alleati americani e inglesi, furono molte decine: pubblici ma anche privati e di parrocchie o enti religiosi. Dei rifugi pubblici, cioè realizzati dall'Amministrazione comunale del tempo, il più noto è quello scavato sotto la Rocca, in viale Mazzoni.  Ma un elenco appena abbozzato comprende il tunnel sotto il monte Sterlino (300 posti), la galleria del vecchio acquedotto in via Garampa (550 posti), le scuole elementari Marinelli in via Sacchi e, ancora, in piazza Bufalini, nel palazzo delle Poste in via Verdoni, nel palazzo comunale e nel Foro Annonario. 

Rifugi “privati” furono realizzati in molti palazzi provvisti di scantinati e solide cantine. Ma anche parrocchie e conventi misero a disposizione le loro strutture: accolsero rifugi i campanili del Duomo e di Sant'Agostino. Uno fu scavato dai frati cappuccini nel loro orto. La chiesa dell'Osservanza aprì le sue “catacombe”, mentre a Santa Cristina lo spazio fu quello del sotterraneo sotto la chiesa. Il più ampio resta comunque quello realizzato dai monaci del Monte, che ospitò in vari periodi oltre 700 persone.

La vita in questi luoghi era veramente difficile: una popolazione di rifugiati e di sfollati rimase accampata in queste strutture anche per molti mesi, molte volte al buio (il vescovo Socche portò 600 candele al rifugio di viale  Mazzoni). Nel “foro” della Diavolessa passarono l'inverno fra il 1943 e il 1944 ben 500 persone. Per tutti, come in molti passaggi difficili e drammatici della guerra, si prodigò “l'apostolo della carità” don Carlo Baronio.Cesena fu liberata dai militari inglesi e canadesi il 20 ottobre 1944 e, da quel momento, la vita cominciò lentamente a riprendersi. Molto lentamente però, perché alcune strutture abitate provvisoriamente da sfollati e da povera gente, come il cosiddetto Camerone o la caserma Ordelaffi, rimasero nelle stesse condizioni fino agli anni ‘60 e oltre.

La liberazione di Cesena e delle altre città della Romagna, da Rimini a Bologna, richiese oltre sei mesi di combattimenti. Sfondata la “Linea Gotica”, formata da oltre 320 chilometri di difese tedesche, le cose non furono facili neppure nella pianura romagnola.  La battaglia che si protrasse a lungo e che prese il nome della “Battaglia dei Fiumi” provocò oltre 200mila morti. Nel cimitero inglese alle porte di Cesena (Sant’Egidio) riposano le salme di oltre 1750 caduti. Inglesi soprattutto, ma anche canadesi indiani e di altri paesi, accorsi da tutto il mondo e ai quali si deve la nostra libertà e la nostra riconoscenza.

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