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Cronaca

Animali selvatici sempre più padroni delle montagne, grido di aiuto di allevatori e agricoltori

"Se vogliamo proteggere l'agricoltura, si deve aprire alla caccia, per determinati periodi, le oasi di ripopolamento"

La Coldiretti di Forlì – Cesena scende direttamente in campo “Se vogliamo  proteggere l'agricoltura, si deve aprire alla caccia, per determinati periodi, le oasi di ripopolamento per permettere una diminuzione della fauna selvatica che ormai sta distruggendo il tessuto agro-pastorale del territorio collinare e montano”.  Un mondo animale rappresentato da lupi e suoi  ibridi,cinghiali, daini, caprioli, cervi, istrici, nutrie  che tutti insieme e ciascuno in base alla propria indole creano un mare di danni non solo ai terreni coltivati, ma anche alla viabilità in quanto a livello nazionale si contano nello scorso anno diciotto incidenti mortali e centinaia di altri per  animali che attraversano le strade.

Presto, se non si pone rimedio, questi agricoltori, abbarbicati alla terra da molte generazioni, si vedranno costretti a chiudere con grave danno per l'economia locale che si fonda principalmente nell'agricoltura – allevamento e che è anche una garanzia per l'integrità del territorio. Il “Grido di dolore”  è stato fatto proprio dalla Coldiretti provinciale che a riguardo chiede espressamente che venga ridotto l'impatto della fauna selvatica nei confronti delle aree coltivate e inoltre, qualora la regione Emilia – Romagna, competente dopo la riduzione delle funzioni delle province, non si decida ad agire con le azioni che le spettano, adire anche alle vie legali per accertare le responsabilità. “Siamo veramente al collasso – sostiene Anacleto Malara direttore di Coldiretti Forlì – Cesena – l'agricoltura e l'allevamento stanno morendo. Nella nostra provincia ci sono molte oasi protette di ripopolamento dove dovrebbe essere attuata un'efficiente azione di controllo della fauna in eccesso. Avviene proprio il contrario, non ci sono controlli o sono molto blandi e la fauna in esubero si allontana creando grandi criticità nelle aree all'intorno per circa un chilometro e mezzo. Inoltre sempre più spesso si devono registrare incidenti stradali che a volte non vengono denunciati per non incorrere in multe salate”.

“Chiediamo pertanto – continua il dirigente di Coldiretti – l'apertura della caccia in determinati periodi in queste oasi per realizzare una selezione e diminuzione degli animali in modo da ridurre l'impatto con le coltivazioni e allevamenti circostanti. Non dobbiamo poi dimenticare che ormai la fauna selvatica si aggira anche nei dintorni delle città e spesso ha superato l'autostrada per espandersi anche verso il mare”. I guasti causati dai cinghiali oltre a sconvolgere i campi coltivati sono l'inquinamento con terra dei grandi balloni di fieno per alimentare il bestiame. La bestia poi scava buchi profondi nei terreni che spesso, non visti per l'erba cresciuta intorno, provocano danni ai mezzi agricoli se non il loro ribaltamento, infine  sporcano le grandi vasche per abbeverare il bestiame con le conseguenze del caso. I lupi poi, ma a questi bisogna aggiungere i cani inselvatichiti, assaltano e distruggono le greggi e le bestie al pascolo. Incalcolabili i danni alle coltivazioni dei daini, caprioli e anche cervi che ormai si stanno stabilendo in queste zone. Ma oltre ai danneggiamenti diretti ci sono da sommare quelli  indiretti come le pecore che impazziscono, gli aborti, il latte cattivo o che non viene prodotto, e non ultimo il grande impegno dei titolari nella protezione aziendale spesso inutile vista la furbizia della fauna. 

 “Non siamo contro gli animali selvatici – sottolinea ancora Malara – tuttavia è evidente che sono troppi e grande il danno che fanno. Le aziende agricole non sono semplicemente una fonte di reddito, ma controllano e proteggono il territorio, senza di loro le spese per la comunità sarebbero incalcolabili”. Le linee  proposte della regione Emilia – Romagna che puntano molto sulla prevenzione del danno con  le recinzioni non sembrano aver ottenuto i risultati sperati in quanto spesso queste non sono possibili nelle zone interne per l'asperità del terreno. A  riguardo mancano anche i soldi, infatti i due bandi regionali stanziavano 3,5 milioni di euro con una prima tranche di 1,5 milioni di euro, ma le domande pervenute erano complessive di 8,8 milioni di euro, a questo bisogna aggiungere che  le somme si intendono erogate solo per l'acquisto dei materiali escludendo  la manodopera tutta a carico dell'azienda. Queste affermazioni sono state confermate da molti coltivatori titolari di aziende agricole come Renzo Bagnolini che vede sempre più scadere la qualità del latte delle proprie per il foraggio sporco di terra dove un ballone di quattro quintali può contenere oltre cento chili di terriccio, Marina Piscaglia con un gregge aggredito da lupi e la paura a girare nella propria proprietà, così come Pizzani Luigi con il suo bestiame.
 

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