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Pane, olio e fantasia

Pane, olio e fantasia

A cura di Elisabetta Boninsegna

Gino Angelini, lo chef italiano più noto in America, racconta i suoi clienti vip

Il cuoco riminese, che vive e lavora da 20 anni a Los Angeles, ha ricevuto il premio Partesa al Teatro Verdi di Cesena. In giuria Elsa Mazzolini, Andrea Grignaffini e Alessandra Meldolesi

Il piatto che va per la maggiore all'"Angelini Osteria" di Los Angeles è la lasagna di nonna Elvira. Lasagna verde, alla romagnola, condita con sugo e besciamella e impreziosita con un ciuffo si spinaci fritto. Ne prepara un centinaio di porzioni al giorno. Ma tutta la cucina tradizionale italiana che esce dalle sue sapienti mani viene largamente apprezzata dagli americani. Tra i suoi clienti, intatti, moltissimi vip di Hollywood. Gino Angelini, chef riminese, allievo di Gualtiero Marchesi, che 20 anni fa scelse di tentare l'avventura americana diventando uno dei cuochi italiani più rinomati e apprezzati Oltreoceano, ieri ha ricevuto il premio promosso da Partesa, "Dire, fare, sognare", giunto alla quinta edizione. Insieme a lui sono stati premiati, ieri al Teatro Verdi di Cesena, anche Gino Fabbri, pasticciere bolognese, il cesenate Luca Gardini, miglior sommelier del mondo nel 2010, Ivan Albertelli, dell'Hostaria da Ivan a Parma, inventore della Salumoterapia, e Primo Vercilli, medico e inventore del metodo della nutrizione Immuno Geno Funzionale. 


Ad accompagnare Angelini sua moglie Betty, una bella ed elegante americana che parla un ottimo italiano. "Mi piace molto tornare in Italia – spiega Gino Angelini – e penso che prima o poi ci tornerò definitivamente. Anzi con Betty abbiamo pensato che l'ideale sarebbe fare 6 mesi in Italia e 6 mesi in America". E' buffo sentirlo raccontare delle gaffe commesse con attori e personaggi famosi,clienti del suo ristorante. Come quella volta che non riconobbe Cameron Diaz e le affidò per un po' il suo cane perchè era troppo irrequieto. Oppure Leonardo Di Caprio, ormai un affezionato, che lo mette sempre nel tavolo vicino al bagno costringendolo ad alzarsi ogni volta che qualcuno deve entrare. 
Ai suoi clienti americani che lo seguono da anni ha insegnato a mangiare italiano, la cultura del cibo mediterraneo. E ci sono ancora quelli che lo ringraziano perchè Angelini gli ha fatto capire che la panna si usa poco o nulla nella buona cucina. Mentre in America sono abituati a condirci ogni tipo di pastasciutta. 
 

Angelini, cosa direbbe a un ragazzo che vuole intraprendere la carriera di cuoco?
Che è una strada anche di fatica. Non è solo quello che vedono in tivù. Ci sono molti sacrifici da fare. L'importante che ci sia la passione e che non si faccia il cuoco per moda. Non si fa da nessuna parte...
 

E le scuole alberghiere italiane preparano bene i futuri cuochi?
Ora faccio fatica a dare un giudizio. L'alberghiera che feci io alla fine degli anni Sessanta devo dire la verità era carente nelle lingue. Un cuoco deve anche imparare a parlare l'inglese o altre lingue, non deve solo cucinare. E' importante comunicare con le persone che lavoreranno con lui e io all'inizio ho avuto qualche problema. Ancor oggi il mio inglese è maccheronico.
 

Mangia americano?
Sì ogni tanto mi piace anche mangiare americano. Il barbecue, un buon hamburger o anche un pastrami, un panino molto in voga a New York, un piatto kosher. Ma anche il sushi. In America puoi trovare le cucine di tutto il mondo e a me piace molto cambiare. 

Qualche aneddoto nel suo ristorante?
Beh, quelli che fanno più ridere i miei amici riguardano le mie gaffes. A volte non mi rendo conto chi sto servendo. Mi è successo con John Travolta e con Charlize Theron. Entrano vestiti normali, da me si sentono a casa, e io alla fine non li riconosco nemmeno. Oppure una volta è arrivato un giapponese che aveva le mie lasagne in foto e finchè non gliel'ho portate uguale, con il ciuffo di spinaci fritto messo nello stesso modo dell foto me li ha rimandati indietro...Devo dire che mi stavo spazientendo...Ma anche questa è l'America.
 

Tornerà in Italia?
Finora ho sempre cercato di tornare in Romagna circa due volte all'anno. E questa volta sono molto contento che coincida con un premio così prestigioso. Anche l'idea di tornare per sempre mi piacerebbe. Ora ho 63 anni, magari lo farò quando vado in pensione. Parlando con mia moglie abbiamo pensato che l'ideale sarebb fare sei mesi in Italia e sei mesi in America per non abbandonare del tutto una terra che, comunque, oltre ad avermi fatto incontrare mia moglie, mi ha dato veramente molte soddisfazioni. 

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