rotate-mobile

CesenaToday

Redazione

Caro don Corsi, il mostro è in casa

Anno nero donne-2Nel giorno di Natale, un mese dopo l’anniversario della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, designata dalle Nazioni Unite tredici anni fa, un parroco di Lerici ha la bella idea di affiggere fuori dalla chiesa un volantino propagandistico intitolato “Le donne e il femminicidio, facciano sana autocritica. Quante volte provocano?”. Ed è subito bufera. Già, perché contro Piero Corsi, sacerdote noto alle cronache locali per l’avversione all’Islam, agli immigrati e al malcostume sociale, questa volta si scagliano tutti: il sindaco, le parlamentari dell’intero arco costituzionale, associazioni femminili, giornalisti assetati di notorietà, perfino alcuni sacerdoti eterodossi e il vescovo di La Spezia Luigi Ernesto Palletti. Va precisato che il testo incriminato è lo stralcio di un articolo pubblicato il 18 dicembre scorso da Bruno Volpe, giornalista e fondatore del blog Pontifex Roma ( https://www.pontifex.roma.it/index.php/editoriale/il-fatto/13542-le-donne-e-il-femminicidio-facciano-sana-autocritica-quante-volte-provocano); il classico articolo scritto di getto da un integralista che non ha nulla da perdere: generico, demagogico e, soprattutto, anacronistico ed antifemminista. Ma a metterlo nella bacheca di un luogo di culto è stato un pastore ovvero colui che, secondo il diritto canonico, “è chiamato a partecipare al ministero di Cristo, per compiere al servizio della comunità le funzioni di insegnare, santificare e governare”. Insomma, una guida spirituale che educa al bene e al giusto – apostrofata però da don Antonio Mazzi così: “Uno che fa una cosa del genere, vuol dire che è pieno di problemi […] e che tenta di scaricarli sugli altri […] problemi certamente di sesso e di potere, sennò non si comporterebbe così”.

Le parole del sacerdote veronese colgono nel segno: il potere esercitato arbitrariamente dalla Chiesa cattolica sulla comunità, di cui i parroci sono il primo riferimento morale. Ora, lasciare loro la libertà di diffondere opinioni fuorvianti andrebbe perseguito per vie legali, poiché è aberrante dichiarare che “le donne sempre più spesso provocano, cadono nell'arroganza, … si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni esistenti”, addossando loro parte della responsabilità “se una famiglia finisce a ramengo e si arriva al delitto (FORMA DI VIOLENZA DA CONDANNARE E PUNIRE CON FERMEZZA)”.

 È una visione misogina e pericolosa che mina alla base la parità tra uomo e donna sancita dalla Costituzione, che sfibra il concetto di famiglia, anziché rafforzarlo. Non è con la divisione sessuale dei doveri che si crescono meglio i figli; non è con il divieto dell’esposizione della lingerie femminile, della pornografia, degli spot televisivi erotici che si “attutiscono certi impulsi”, né è l’abbigliamento discinto a “provocare gli istinti peggiori […] e l’abuso sessuale”. Proibire è inutile: occorre educare, alla sessualità come alla cittadinanza, all’amore verso il proprio corpo come al consumo critico.

Caro don Corsi, foss’anche nel giusto, non sta certo a lei diffondere questo messaggio, che ha tanto il sapore della fatwa talebana da lei stesso aborrita. Non solo: i centosedici omicidi femminili commessi in Italia solo nel 2012 sono stati quasi tutti perpetrati da mariti, ex fidanzati, fratelli, vicini di casa ovvero da uomini mossi da passioni – facilmente immaginabili – ben diverse da quella erotica. Il problema del mostro in casa risale all’alba dei tempi, e le donne lo sanno bene. Quella che lei va diffondendo è una morale miope e bigotta, creata ad arte dalla Chiesa cattolica per assoggettare il mondo intero ad una serie di verità – peraltro non ancora dimostrate – responsabili della discriminazione di miliardi di donne. Pena della ribellione, la condanna morale, il maltrattamento in famiglia, l’isolamento sociale, l’accusa di fornicazione, a volte anche il rogo. Vada a rivedersi l’art. 587 del Codice Penale e il marasma che ha sollevato fino al 1981, anno in cui si è finalmente messa una pietra tombale sul delitto d’onore. Infine, in quanto parte integrante del clero, si occupi degli abominevoli misfatti interni alla Chiesa e delle urgenti quanto radicali contromisure che dovrebbe prendere. Glielo chiede un cittadino italiano, glielo impone la coscienza di un uomo.

Caro don Corsi, il mostro è in casa

CesenaToday è in caricamento